Per quale motivo ha deciso di prendere in mano la storia di Franco e suo figlio Andrea?
Franco voleva che rimanesse memoria di un viaggio importante, complicato, pieno di bisogni di libertà, che aveva fatto con il figlio. Mi ha cercato. Per undici mesi ho ascoltato la storia del viaggio, cercando di trasformare un diario di viaggio in una storia più generale, che parlasse a molte persone di speranza, sfide, coraggio. Questo sono i romanzi: una narrazione che allarga l’orizzonte, trova le parole, fissa nel tempo una esperienza importante.
Come è riuscito a calarsi nei panni del padre di Andrea, senza rimanerne troppo coinvolto?
Questo è un libro che non puoi scrivere se non hai un po’ di esperienza di scrittura, se non hai un vissuto genitoriale e se non hai fatto esperienza con ragazzi autistici.
Una parte delle mie esperienze di vita ( scrittore, genitore, insegnante) sono confluite per raccontare questa storia. Cercando di mantenere quella giusta distanza che permetta di non scivolare su un terreno così delicato come quello della “malattia”.
Quanto del mondo di Andrea lo ha stupito come autore?
La vitalità, cioè la forza vitale che nonostante tutto Andrea esprime, forte, emozionante, empatica.
Crede, senza presunzione, che il suo libro possa essere una “storia” esemplare per tutti quei genitori che si trovano in difficoltà nel rapportarsi con un figlio autistico?
So bene che esistono gli “autismi” e che ogni caso è un universo a sé. No, non credo che si debba prendere una singola esperienza per farne un riferimento generale. Credo che parlare di autismo sia utile, possa lanciare un fuoco d’artificio per contribuire ad illuminare una situazione complicata ed anche faticosa. Può, certo, creare una sensazione positiva. Ma l’aiuto reale, persistente, può essere dato solo dallo sforzo collettivo per studiare l’autismo e dalla capacità della rete civile di sostenere le famiglie.
Alla fine del libro sembra che la persona che sia “cresciuta, maturata” durante questo viaggio sia stato più il padre che il figlio? Che ne pensa?
E’ naturale che, tra i due mondi, quello più intellegibile per il lettore sia il mondo del padre e che la lunga esperienza sembri più efficace su di lui. Credo che, il viaggio, abbia seminato semi anche in Andrea e che, comunque, l’intimità della relazione, resa ancor più intensa dal viaggio, sia il tesoro che questa “coppia” ha conquistato.
Domanda di rito. Quali sono i suoi progetti letterari per il futuro?
Mi arrivano moltissime storie “vere”, richieste perché io mi faccia carico di narrare altre esperienze di vita, in modo che ne resti testimonianza. Ma la storia di Franco e Andrea mi è arrivata casualmente. Se mi mettessi fuori dalla finestra, adesso, a chiamare a gran voce le storie complicate degli altri non sarei un scrittore, ma una persona detestabile. Spero di non esserlo. Tornerò a scrivere un giallo ironico, con il mio ispettore Stucky, ambientato lungo le coste dalmate.
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