domenica 13 novembre 2011

Poesia e musica degli scenari urbani

da Comunicazione TBF12
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Dal 2010 "Spettacolo e culture" crea e produce eventi culturali caratterizzati da tre elementi chiave: progettazione culturale, tramite la ricerca di contenuti concettuali, la selezione di opere e la costruzione di percorsi divulgativi di qualità; spettacoli multimediali, realizzati attraverso la commistione di diversi mezzi di espressione; attenzione allo spettatore.
Lo stile di comunicazione chiaro, fondato sulla volontà di coinvolgere il pubblico, appartiene indubbiamente anche a
Voci dalla città”, che Walter Vettori (Trento, 1965) e Marco Latino (Napoli, 1981) proporranno al Trentino Book Festival.
Le città, siano quelle immaginarie o immaginate come Dite, Sodoma e Gomorra, o quelle invisibili di Calvino, – ci spiegano – sono rappresentate in letteratura come vera e propria dimensione dell’anima, là dove si attiva la ricerca del senso dell’esistenza. Molto più che luogo fisico, nell’immaginario la città è un luogo mitico, verso cui andare o dal quale fuggire”.



E da sempre, la città è fonte di ispirazione per i poeti, “e per quanto mi riguarda- dice Walter Vettori - è impossibile prescindere dal rapporto con la poesia, elemento vivifico e imprescindibile della mia esistenza. Scrivere in poesia è per me un bisogno quasi primario, rivelato da un’inquietudine generata dalle manifestazioni dei sensi, che con “visite” puntuali annunciano e accompagnano il momento in cui mi predispongo all’intenzione di rappresentare, attraverso il linguaggio della poesia, esperienze vive, utili al sentimento, confessioni di un individuo che ha una vita e uno sguardo proprio. Ho imparato con il tempo a gestire tale flusso emozionale, suddividendolo e incasellandolo da vero archivista negli spazi della mia mente. La poesia è un’amante esigente che mi denuda vestendo l’intero mio corpo dei tessuti musicali che la vita quotidianamente lascia appesi: talvolta, però, le sue unghie penetrano profondamente nelle mie carni lasciandomi addosso il rosso e il sapore del sangue.


Diverso, ma complementare, il punto di vista di Marco Latino.
Sono portato, dall’attività di compositore, a scrivere essenzialmente musica e testi di canzoni. E i testi musicali, soprattutto in ambito popular, sono un genere molto particolare di scrittura, per via delle caratteristiche implicite della forma canzone: la brevità, la ripetitività (il “ritornello”), l’utilizzo di strutture ormai molto consolidate. I testi delle canzoni rappresentano un genere di scrittura fortemente “aforismatico”; è difficile – e direi anche poco efficace– svolgere all’interno di una canzone un discorso “strutturato” su un argomento, per cui si lavora di più attraverso l’“accostamento” di parole,l’utilizzo di “immagini verbali” e la suggestione generata dalla ripetizione di formule sintetiche. La mia storia di lettore invece inizia fin da piccolo.
E come definireste il vostro rapporto con la lettura, invece?
“Sono un lettore sostanzialmente inquieto (“leggo quello che mi serve, quello che mi piace, oppure semplicemente quello che mi attrae per via di elementi abbastanza inessenziali quali la copertina o il titolo), ma considero lari-lettura l’esperienza migliore che si possa fare come lettori; quando la narrativa infatti si libera dall’ansia della narrazione (il “come andrà a finire”, per capirci…) è possibile apprezzare meglio tutti quegli aspetti che durante la prima lettura sono passati in secondo piano.“In ogni caso non puoi mai sapere cosa ti riserverà un libro, per cui il meglio che si può fare come lettori è proprio leggere, e aprirsi alla possibilità di nuove esperienze”,conclude.


“Distinguere la mia posizione di lettore in un’occasione pubblica - risponde Vettori - da quella più intimistica fuori dalla scena, nonché se l’oggetto della lettura sono miei versi o quelli di qualcun altro. Nelle molteplici occasioni di leggere i miei versi in pubblico, la sensazione di essere riattraversato da quelle parole che liberatoriamente avevo espulso da me stesso, mi riporta aduna condizione di perseguitato, il vibrare di quelle parole modifica non solo temporaneamente le mie corde vocali, ma la mia stessa postura fisica. Tale bombardamento sensoriale mi attraversa con una forza così dirompente che solamente con gli anni ho imparato a non contrastare ma al contrario a lasciarmi sottomettere nella mia nudità di essere umano. L'impatto emozionale cambia nel momento che i versi letti sono quelli di un altro poeta. Il mio mestiere non è l'attore, quindi più che la cura all'impostazione vocale,l'attenzione che pongo è per la musicalità dei versi, cioè cercando nel possibile di farmi estensione vocale della corporalità del testo, della sua forza rappresentativa, vocale, scenica, sonora. Questa è naturalmente una posizione meno sottomessa rispetto alla precedente, anzi direi di padronanza che ottengo dopo uno studio attento dell'autore e del significato del testo,nonché naturalmente del suo linguaggio musicale.

Quando l'uditorio diventa me stesso, come accennavo in precedenza, il mio rapporto come lettore cambia, soprattutto se la lettura non è finalizzata alla preparazione di uno spettacolo, ma festiva in ogni senso del termine. Per quanto riguarda la poesia, rimango sempre un attento lettore, quasi fin troppo meticoloso, nell'abbeverarmi dei versi. Ma non sono costante, leggo quando ne sento il bisogno, è una fame che volutamente si è affievolita, una specie di dieta imposta, ciò vale anche per la narrativa. Sento ancora oggi il bisogno di togliere al mio desiderio di conoscenza, non certo per sicumera, è per me infinito il pozzo delle pagine inchiostrate, ma per l'esigenza di riappropriarmi del nudo pensiero, dell’autentico sguardo, ultimamente neghittoso fra i vestimenti di altri.

Qualche considerazione sull’efficacia del connubio di parole e musica, cui spesso ricorrete.
L’idea di spettacoli multimediali che unissero musica e parole è nata quasi per caso,come spesso accade. Dopo alcune esibizione  - peraltro piuttosto improvvisate - abbiamo cominciato a lavorare con maggiore consapevolezza su una nuova forma di diffusione della poesia, che integrasse la musica e il testo. L’idea è generare una“risonanza” tra la musica e le parole. Non si tratta quindi di fare un semplice“accompagnamento” al testo, né di “ricamare” suggestioni attraverso la musica.L’obiettivo invece è quello di fare “scaturire” naturalmente la musica dalle parole e le parole dalla musica, in modo tale da liberare il potenziale espressivo contenuto nei soggetti che prendiamo in considerazione.

Prendete parte per la prima volta alTrentino Book Festival. Che pensate di quest’unicum in terra trentina, un’iniziativa dedicata alla lettura e ai libri?
Internet ha reso immediato alle opere e ai prodotti culturali: un fenomeno positivo per i suoi aspetti di “democraticità”, ma che rischia di lasciare il lettore “disorientato”. Ecco dunque l’utilità di eventi quali il “Trentino BookFestival”, utilità che consiste nel porsi come “intermediari” tra il pubblico e la scena culturale moderna, favorendo soprattutto il contatto diretto tra lettori, autori, editori e soggetti interessati a qualunque titolo alla letteratura. Per quanto riguarda il rapporto con il territorio, mi sembra opportuno che eventi del genere siano “dimensionati” su realtà principalmente locali. Sicuramente i grandi festival nazionali o internazionali sono importanti, ma non si può prescindere da eventi a carattere regionale, che possono lavorare con maggiore autonomia e libertà sia su nuove forme di comunicazione culturale, sia su autori, opere e tradizioni letterarie locali,coniugando così l’universale e il particolare.

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