
Montagna, cioè Vallarsa, cioè Roveretano. Mentre si dispone a dire di sé, ammicca al dialetto dell'infanzia il nostro ospite jobrero. O, per dirvela tutta, Mario Martinelli da Obra. L'autore di tanti libri (come Il maestro Giacomo, per citare solo il più recente) è tornato sui passi dei suoi nonni dopo anni di viaggi, di esperienze, di avventure, per dedicarsi a un progetto di rinascita interiore i cui fondamenti sono la natura, la semplicità e il silenzio.
Tra i racconti nati dalla sua penna, il più affascinante è forse quello della sua vita, soprattutto nel momento in cui – cito letteralmente – dal "massimo" è passata al "minimo". Quali sorprese da un cambiamento tanto grande?
Rinunciando a tutta una serie di cose non essenziali, mi sono ritrovato con molto più tempo a disposizione. E soprattutto, padrone di me stesso. Non più colmo di quel senso di isolamento che viene dall’essere immersi in una folla, un’entità abbandonata in mezzo alla metropoli; ma solo con la montagna. Una qualità completamente diversa di solitudine, che mi ha permesso di sentirmi più integro. Solo con la montagna, e quindi protagonista insieme alla montagna. Per me la montagna è meditazione; e la meditazione è stare semplicemente da soli in silenzio.
La montagna mi ha insegnato l’umiltà, perché esige una forma di rispetto, e se non la rispetti non perdona. Ma non perché è cattiva, ma perché ci mette davanti ai giochi del nostro ego. Se il nostro orgoglio ci spinge, pur di avere la soddisfazione della conquista, a metterci in pericolo, significa solo che qualcosa nel nostro approccio con la montagna è sbagliato.
In una manifestazione come il Trentino Book Festival, la montagna ha un ruolo di primo piano: è, tanto per cominciare, la cornice in cui tutto si svolge. Per lei che ha scelto di trascorrervi la vita, la montagna è una fonte di ispirazione?
È la sorgente delle cose genuine, tanto quanto la città è il luogo delle cose artificiali. L’uomo si è snaturato, e la montagna è il luogo privilegiato in cui l’uomo si può riconciliare con la natura. È senz’altro la mia fonte di ispirazione fondamentale, e cerco di raccontarla con un senso di grande gratitudine per aver avuto la fortuna di ritornare qui sui monti non come alpinista, ma come montanaro. Nei miei libri cerco di descriverla nella sua semplice e schietta quotidianità, nel tentativo di cogliere quelle piccole cose che ormai, nella fretta, sfuggono, e che invece tanto ci aiuterebbero a mantenere la nostra vita su ritmi più naturali. E poi in montagna siamo lasciati a noi stessi, a tu per tu con la nostra totale libertà. E non c’è ispirazione più grande della libertà.
Come descriverebbe le radici, le modalità di costruzione, i tempi delle sue creazioni letterarie?
Completamente affidati al caso. Quando inizio un racconto non so mai come va a finire; mi limito a scrivere, lasciandomi condurre dalle parole, con una certa curiosità di vedere quale sarà la conclusione. Anche questa è libertà. D'altra parte on ho un particolare attaccamento a ciò che scrivo. Una volta uscito dalla penna, non è più cosa mia. Ci penserà la montagna a fargli prendere la sua strada.
La montagna, da cui Lei è stato curato e, per così dire, abbracciato, può fare del bene a tutti noi?
A patto che la frequentiamo da montanari, ossia da persone sensibili alla natura. Tornando alla nostra collocazione naturale. Imparando quello che la montagna ci insegna, se siamo capaci di ascoltarla: il suo linguaggio fatto di profondo silenzio, quella solitudine che, se accettata, ci rivela l’armonia da sempre presente dentro di noi.
http://www.mariomartinelli.net
Nessun commento:
Posta un commento