lunedì 6 maggio 2013

Fulvio Ervas, viaggiare senza certezze, per poi fondersi

Un viaggio dove perdersi per ritrovarsi. Per fondersi. Per capirsi meglio. Lungo le strade nord e sudamericane padre e figlio, due mondi paralleli che cercano di unirsi là, dove scorre l'orizzonte. Quando Franco scopre che suo figlio Andrea “probabilmente è autistico” il mondo gli si sbriciola addosso. Quindici anni dopo, con puro spirito on the road, decide di sbarcare in terra americana e srotolare chilometri su chilometri lungo un viaggio senza certezze insieme al figlio, cercando di fare qualcosa di importante per lui, in un dialogo silenzioso, fatto di parole, brevi frasi scritte al computer, ma soprattutto di sguardi. Fulvio Ervas davanti ad uno spritz ha “raccolto” questa storia dallo stesso Franco, e ne ha fatto un romanzo (proclamato libro dell'anno 2012 dalla trasmissione “Fahrenheit” di Rai Radio3) chiaro, diretto, dove immagini ed emozioni ti attraversano la mente e il cuore. Con “Se ti abbraccio non aver paura” (Marcos y Marcos, pp. 319, 2013), Ervas ci regala una storia vera, il viaggio di una cavaliere che combatte per suo figlio e non si arrende, non smette di sognare.
Per quale motivo ha deciso di prendere in mano la storia di Franco e suo figlio Andrea? 
Franco voleva che rimanesse memoria di un viaggio importante, complicato, pieno di bisogni di libertà, che aveva fatto con il figlio. Mi ha cercato. Per undici mesi ho ascoltato la storia del viaggio, cercando di trasformare un  diario di viaggio in una storia più generale, che parlasse a molte persone di speranza, sfide, coraggio. Questo sono i romanzi: una narrazione che allarga l’orizzonte, trova le parole,  fissa nel tempo una esperienza importante.
Come è riuscito a calarsi nei panni del padre di Andrea, senza rimanerne troppo coinvolto? 
Questo è un libro che non puoi scrivere se non hai un po’ di esperienza di scrittura, se non hai un vissuto genitoriale e se non hai fatto esperienza con ragazzi autistici.

domenica 5 maggio 2013

Poletti e Monti, quando l'amore è grazia, come il battito d'ali di una farfalla

Pal è un “meccanico levabolle”, Cele una “ritoccatrice”. Lui, con le dita leggere e precise, rimodella la pelle metallica di automobili e strumenti musicali. Lei, con la macchina fotografica, fa “miracoli”, risalta l’anima delle persone. Dita che diventano leggere, come ali di farfalla. Affinità elettive che nascono in un oasi felice lontana dal caotico occidente, dove la guerra - siamo in pieno ventennio fascista - lascia il suo eco a giusta distanza, senza invadere la sfera vitale di chi ha deciso di trovare rifugio. Come l’amore omosessuale di Erasto e Assad, l’intraprendenza di Florinda, la saggezza di Antine, e le vite di altri personaggi che si intrecciano nel romanzo di Lorenza Poletti e Roberto Monti “Le farfalle in tasca” (Nuovaprhomos, pp. 212, 2013), immergendo il lettore nelle calde atmosfere tunisine, nei soffusi locali jazz di Chicago, tra le montagne della val di Non. Un romanzo che nasce da una “chattata” via Facebook, il primo libro nato da un “passaparola virtuale”. Abbiamo sentito Monti, coautore del libro.

Gabriele D’Annunzio: quell'irresistibile bisogno del superfluo

Il Festival omaggia Gabriele D’Annunzio (1863-1938) nel 150° della nascita. Seguendo le contemporanee tendenze dell’arte europea, il Vate ha modellato la sua vita come un’opera d’arte e ha fatto confluire nella sua opera tutto il proprio vitalismo. Ha esplorato vari generi letterari con un linguaggio fortemente originale e suggestivo, esaltando nel modo più appariscente i caratteri dell’irrazionalità e del misticismo estetico senza tradire la sua più intima ispirazione naturalistica e sensuale. In questa mostra, i pannelli del Vittoriale di Gardone Riviera, guidano il visitatore all'interno di una vita "inimitabile"...
Arricchisce l'esposizione, una raccolta bibliografica curata dai Bibliotecari della Valsugana.

Andrea Tomasi e Jacopo Valenti, il libro nero degli abusi ambientali trentini

Fotografia di un Trentino dietro le quinte, avvelenato. Controlli inesistenti o pilotati, un amministrazione che storce il naso alle critiche, che giustifica con lo status di autonomia scelte che in alcuni casi stridono con i giudizi dei cittadini. La storia dei rifiuti velenosi stoccati nelle cave di Monte Zaccon e di Sardagna, i fumi carichi di diossine dell'acciaieria di Borgo è stata sulla bocca di tutti, e ancora si fa fatica a digerire. Ed è proprio per non dimenticare che i giornalisti Andrea Tomasi (A.T. nell'intervista) e Jacopo Valenti (J.V. nell'intervista) hanno deciso di raccogliere in “La farfalla avvelenata, il Trentino che non ti aspetti” (Città del Sole, pp. 158, 2013) tutti gli elementi che fossero in grado di offrire al lettore un quadro d'insieme di tutta la vicenda.
Quale peso ha il giornalismo d'inchiesta in Trentino? C'è libertà di “movimento”?
(J.V.) Gli esempi ci sono, anche nel giornalismo locale. Diciamo che però tutto è lasciato alla libera iniziativa del singolo cronista. Fare inchiesta costa fatica. Si tratta di voler investire tempo. E la stampa è forse troppo spesso concentrata nel racconto dell’attualità. Certo ci sono delle eccezioni, anche guardando oltre i quotidiani. Pensiamo ad alcune inchieste del mensile QuestoTrentino o del settimanale Vita Trentina, ma si tratta di organi di informazione meno incentrati sul quotidiano e più sull'approfondimento. Libertà di movimento ce ne sarebbe. Ovviamente anche il Trentino ha le sue lobby ed i suoi grumi di potere, ma la libertà di raccontare non è limitata.
Oltre all'incubo dello smaltimento abusivo di rifiuti tossici sotto la porta di casa, esistono altre piaghe da sanare che però non hanno ancora trovato il giusto rilievo tra i media?

martedì 30 aprile 2013

Fagioli Magici: nel Parco Centrale sta spuntando qualcosa di strano…

Perché l'importante è anche accontentarsi. Quante volte ce lo siamo sentiti dire, quante volte non c'è mancato l'esempio. Non solo nel mondo dei “grandi”, ma anche nelle storie dei “più piccoli” possiamo trovare qualche esempio. Che dire della fiaba di Jack è il suo fagiolo magico? La conosciamo un po' tutti la storia del bambino che un bel giorno si accorge che uno dei semi di fagiolo comprati da un misterioso “omino” gli regala una “scala vegetale” verso la casa del ricco orco, che Jack saccheggerà di tutto il suo tesoro. La rivisitazione però che i Teatri Soffiati e i Finisterrae Teatri presenteranno al prossimo Trentino Book Festival, nella fresca cornice del parco centrale, rivolgendosi a bambini dai tre anni in su, ha giusto quegli ingredienti che possono renderla ancora più accattivante e coinvolgente. «Lo spettacolo ha un taglio decisamente avventuroso - commenta uno degli autori/attori Alessio Kogoj - oltre ad essere estremamente comico. La cosa forse più particolare, che lo distingue, è che sia io che Giacomo (Anderle ndr.) interpretiamo tutti i personaggi: cioè lo stesso personaggio lo faccio sia io che lui, la mamma ad esempio è interpretata prima da me e poi da lui, e questo vale anche per l'orco, l'orchessa, Jack, l'omino dei fagioli ...».

Marnie Campagnaro e Marco Dallari. Come "d'incanto" un tuffo nel "labirinto" dei libri illustrati

Il rosso avvelenato della mela di Biancaneve, il giallo bizzoso della parrucca di Geppetto, l'arancio impertinente delle trecce di Pippi Calzelunghe. I libri di figure e gli albi illustrati, in modo particolare, per decenni hanno avuto per i bambini e i ragazzi un fascino irresistibile, perché portatori di una carica dirompente, trasgressiva, sensuale. Capita però in questi ultimi anni, per una strana legge del contrappasso, che nei nostri bambini, figli bombardati dalla civiltà delle immagini, sembrino meno preparati a leggere e interpretare i libri di figure. Per questo motivo il libro “Incanto e racconto nel labirinto delle figure” (Erickson, pp. 271, illustrato, 2013) scritto a quattro mani da Marnie Campagnaro (M.C. nell'intervista) e Marco Dallari (M.D. nell'intervista), con l'intervento, nella seconda parte, di alcuni colleghi spagnoli, svela il valore della narrazione come pratica di cura, sottolineando il ruolo che gli albi illustrati hanno nello sviluppo della creatività dei bambini e alcune “dritte” per scegliere e proporre un libro di figure ad hoc.
Quale ruolo ricopre l'albo illustrato in un'infanzia come è quella odierna, indirizzata sempre più verso le tecnologie, come ad esempio i tablet e gli e-book?
(M.C.) Gioca un ruolo fondamentale. L'esperienza di lettura di un albo illustrato non sostituisce la lettura su tablet o di un ebook ma la integra. L'albo illustrato dà modo al giovane lettore di sviluppare le competenze narrative e l’alfabetizzazione visiva: soffermarsi sulle figure, avanzare, saltare pagine, ritornare sulle pagine lette, cercare dettagli visivi e ricondurli alla trama letteraria, senza l'impellenza o la frenesia di inseguire o scoprire gli accattivanti "effetti speciali" di un ebook o di un’app aiutano a maturare una modalità di lettura diversa, più riflessiva, più profonda. Sono due esperienze di lettura diverse, che possono serenamente convivere assieme.

Marco Forni: il limite e la forza delle parole non dette

A volte basta uno sguardo, non servono troppe parole. Quando poi queste sono “orfane” di significato, diventano contenitori vuoti, inutili, pura ricerca d'estetica. Per Mattia il passaggio alla parola diventa prima fame di conoscenza, con la stessa curiosità di un bambino che scopre il mondo, per poi essere risucchiato in una realtà dove la ricerca di una lingua “divina” da parte di una setta misteriosa che rapisce i neonati e li rinchiude in luoghi segreti, lo porterà a prendere coscienza poco a poco della sterile realtà che a volte le parole sono in grado di montare. Con “Una parola negli occhi” (Forme Libere, pp. 244, 2013) Marco Forni ci trascina all'interno di un romanzo dove tante piccole storie apparentemente scollegate si susseguono e si intrecciano in una vicenda intricata.
Come nasce l'idea di questo libro?
Io di mestiere mi occupo di parole, sono un lessicografo, mi diletto anche per professione con la parola, un altro appuntamento fisso per me è giovedì con la “Settimana enigmistica”. Per me la parola è qualcosa che mi circonda e danza dentro di me, ma che è dà importanza a quello che è il silenzio, quando la parola che è fatta sicuramente di un prima e dopo soprattutto di un non detto. Dalle nostre parti, in Val Gardena, c'è da sempre un crocevia di lingue, come il ladino, l'italiano, il tedesco, adesso l'inglese e i russi che stanno arrivando. Alla fine il romanzo in sé è un romanzo anche venato di giallo che ruota intorno alla lingua, una lingua perduta che per me non esiste ma al cui posto possiamo trovare una parola di sette lettere che ognuno può scrivere nella propria lingua ma che sul volto di un bambino si riesce a leggerla in un'unica lingua,