sabato 16 giugno 2012

Antonia Arslan: leggiamo assieme il grandioso Libro di Mush

Voltiamoci indietro, leggiamolo adesso, sfogliamo insieme all’autrice il libro di Mush.
I numeri la dicono lunga … il caseificio di Caldonazzo è stracolmo, più di duecento persone. Dati significativi, importanti. Aspettati. Antonia Arslan esordisce ammirando il lago sul fondo scenografico e affronta quello che vogliamo sentire da lei. Implacabile, con linguaggio diretto – a tratti crudo, come forse deve essere – parla del popolo armeno, della famiglia, di nonni decapitati. Implacabile, continua riportando il suo desiderio di bambina: andare il più lontano possibile. Riferisce di studi sul genocidio armeno: dati e studi. Di più … storie di uomini uccisi, di donne violentate. E ancora. Chi ha visto la tragedia non è stato ascoltato. Ma dal 2007 gli archivi sono stati aperti; la verità emerge … dura.
E Arslan inserisce la cancellazione della città di Smirne, il ricordo di san Miniato – Santo armeno, precisa - che ritorna nell’iconografia della Calabria Ionica e della Puglia; divaga sulla configurazione architettonica delle facciate, sui colori (rosa, giallo, verde) portati e importati dai monaci e mercanti dell’Armenia che, camminando attraverso l’Italia, lasciano il segno.


E poi lui. Il libro. Ventotto chilogrammi di manoscritto, non a caso i copisti diventati santi traduttori. Diventati santi collettivamente. Qualche sorriso tra la scrittrice e il pubblico in sala.
Sono le donne che portano in salvo il libro, sono le donne che testimoni di cultura, sono le donne a salvare il libro. Queste donne!
Poi la parte più dura. Le modalità del genocidio; sì, perché ogni genocidio ha le sue modalità. La sala non respira, la commozione è palpabile. Gli uomini vengono uccisi subito, le donne vengono arse nei fienili, i bambini seppelliti vivi.
Un popolo con una struttura altamente civilizzata, con la tensione naturale al progresso e con le donne come protagoniste … gli uomini non ci sono più …
Arslan sottolinea l’ultimo dettaglio, importantissimo. Quelli che sopravvivono sono i bambini dagli undici anni in su, tirati fuori dalle carovane, presi come servi in casa; le bambine vengono inserite in famiglie turche e date in sposa in tenera età. Tatuate su tutto il viso, sono segnate per sempre.
Commozione, applauso, autografi. E tanto altro ancora.

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