mercoledì 24 aprile 2013

Trentini: colpevoli di aver combattutto per la parte "sbagliata"

Ci sono tanti modi in cui rivalutare la storia. E in una terra di confine come la nostra giustificare cambiamenti di fronte nel corso di questa per molti decenni sono stati difficili da digerire. Sono negli ultimi anni si sta riprendendo in considerazione quella che per molto tempo è stata una “vergogna” da dimenticare e nascondere, l’esperienza di quei soldati trentini che hanno combattuto la Grande Guerra sul fronte orientale, arruolati nell’esercito austroungarico, spesso guardati con sospetto e disprezzo in quanto “Tagliani”, colpevoli di aver combattuto “dalla parte sbagliata”.
Tra queste iniziative si inserisce quella di Amedeo Savoia, con l’aiuto della musica klezmer del gruppo ZIganoff, dal titolo “Mia memoria …”, un collage di frammenti presi da alcuni diari di soldati ma anche di civili, tra cui molte donne, che hanno vissuto sulla propria pelle sofferenze, lontananze e privazioni. Abbiamo fatto quattro chiacchiere con Savoia, per avere un quadro d’insieme dello spettacolo.
Come avete raccolto il materiale e come si articola l’esibizione? "La raccolta del materiale è partita dal libro di Quinto Antonelli “I dimenticati della Grande Guerra – la memoria dei combattenti trentini (1914 – 1920)”, dove è stato fatto il grosso della selezione dei documenti conservati nel Museo Storico. Scritti che raccontano la guerra non solo dal punto di vista militare ma anche con lo sguardo dei profughi civili, delle donne. Lo spettacolo, quindi, si presenta come una recita accompagnata da video che riportano immagini e filmati originali della Grande Guerra, accompagnate dalla musica dei Ziganoff".

Per quale motivo ha deciso di creare un testo teatrale intorno a questo argomento … qualche suo parente che ha lasciato una sua testimonianza?
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Ho scoperto, anche se non posso affermarlo con assoluta certezza, che una delle testimonianze appartiene a una donna che era praticamente una cugina di mia nonna.

Per quanto riguarda la guerra, i miei nonni non vi hanno partecipato perché erano dei trentini emigrati negli Stati Uniti. Solo mia nonna è tornata nel ’13 con la sua famiglia, a Pieve di Bono. Quando è scoppiata la guerra, lungo quella zona che era linea di fronte, insieme ai suoi parenti se ne è andata come profuga in Rendena. Questo è l’unico aggancio biografico che posso trovare, a cui poi ho aggiunto l’interesse che da sempre ho per le memorie popolari".
E fa un po’ sorridere il fatto che un “Savoia” si occupi di soldati trentini “austroungarici.
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È un simpatico ossimoro. Io sono Savoia da parte di mio padre, che era lombardo, ma mio nonno per molti anni ha avuto un albergo in Trentino che portava questo nome, quasi una forma di ironico destino".
Cosa racconta lo spettacolo?
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Sulla base dei documenti raccolti da Antonelli ho fatto una drammaturgia, seguendo un percorso che andava dal momento della chiamata alle armi dei giovani trentini, passando per i racconti di guerra vissuti sia dai soldati che dai civili, per poi concludere con l'arrivo, negli anni Venti, degli ultimi soldati di ritorno dalla Russia e dalla Cina dopo un lunghissimo viaggio, un esodo conclusosi nel 1932".
Tante sono le testimonianze, ma quale tra queste le ha lasciato una forte impressione? 
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Forse l'aneddoto che mi è rimasto più impresso è quello che poi ha dato il titolo allo spettacolo:  un soldato trentino che in una specie di prigionia in piena Siberia scriveva sui suoi diari i sogni che faceva e iniziava questi proprio con la frase “mia memoria”. Tra queste pagine ci sono sogni molto malinconici ma anche positivi, una bella immagine ma anche struggente di questo trentino sperduto in mezzo alla Siberia".
Come nasce la collaborazione con il gruppo Ziganoff?
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La nostra collaborazione è iniziata già un po' di tempo fa, quando con Renato Morelli e il suo gruppo ho fatto alcuni recital tra cui “Il violino di Rotšild” di Anton Čechov, dove il testo si combinava bene con loro musica.  “Mia memoria” è forse una delle più interessanti prove di interazione del teatro con la musica".
Qual è il messaggio che volete “lanciare” con questo spettacolo?
"L'obiettivo è quello di far riascoltare le vive voci, che hanno la trasparenza e la purezza di chi si prende la briga di scrivere su questi diari spontanei quello che vede e che sente; non quindi una ricostruzione storiografia, ma una raccolta di documenti che è al di fuori dalle logiche della guerra che diventa un'esperienza non consigliabile".
Tra le tante testimonianze, come diceva prima, non solo soldati sul fronte. 
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Altre voci importanti sono quelle di alcune donne che, con le loro esperienza, che portano una luce particolare .. .si dimostrano personaggi molto caparbi, non ripiegati e passivi, donne che maledicono la guerra ma che poi reagiscono, con le loro azioni; un quadro d'insieme filtrato con molta chiarezza".

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